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Museo Casa Carducci | Castello Della Gherardesca | Chiesa Parrocchiale | Chiesa SS. Crocifisso | Chiesa Madonna del Carmine | Cappelle | Scala Santa |
I Gherardesca avevano da poco costruito , sotto l’oratorio di Sant’Antonio, il palazzo dove ospitarono diversi servizi pubblici: il magistrato, i gendarmi con la prigione, l’aula per la scuola di don Pierotti.. Ma, subito dopo, avvennero alcuni episodi che crearono risentimenti tra i castagnetani. Nel 1829, con la denuncia del malcapitato Micheloni che era stato trovato a pescare in un fossetto, iniziarono tutta una serie di processi che riattizzarono le antiche dispute di caccia e pesca. Nel 1835, evenienza temuta da tempo, i Della Gherardesca presero a livello i beni della Pieve di Castagneto, che avevano già in affitto dal 1668, ma la legge sulle allivellazioni prevedeva diversa destinazione. Nel 1838 fu chiuso l’antico ospedale e l’oratorio di San Sebastiano, subito sconsacrato, fu requisito dagli stessi Gherardesca e trasformato in fattoria; e sempre nello stesso anno, il tribunale fu trasferito a Guardistallo e i Gherardesca, présone immediato possesso, trasformarono il palazzo pretorio in redditizi quartieri. Così, nel momento in cui nel 1846 giunse da Bolgheri a Castagneto Giosuè Carducci in convalescenza, il risentimento dei castagnetani verso i conti era al culmine: a parer loro, il palazzo pretorio doveva divenire la nuova sede comunale. Il dott. Michele Carducci medico di Bolgheri, ma chirurgo per tutta la comunità, dopo la soppressione dell’ospedale di Castagneto, ritenendo utile far cambiare aria al figlio reduce da malaria, aveva ceduto all’invito del collega di Castagneto, Benedetto Bernieri. Il dott. Bernieri era uno dei due principali affittuari dell’ex palazzo pretorio: occupava con la famiglia e la domestica le sei stanze del secondo piano. Al primo abitava il farmacista Corsiglia, il quale, a piano terra, proprio di fronte al Borgo, aveva addirittura tre botteghe. Fu un mese di assoluto riposo per il futuro vate, che si sbizzarrì a contrarre nuove durature amicizie e a recitare poesie satiriche in un numero sempre maggiore di botteghe del borgo; mai il poeta avrebbe potuto immaginare che la casa che l’ospitava sarebbe diventata in seguito la sede di quel comune dedicato al suo nome. La convalescenza finì, le lotte dei castagnetani proseguirono, le rivendicazioni si intensificarono: palazzo pretorio, San Sebastiano, la scuola, la caccia e la pesca, il pascolo e il legnatico, l’acqua, le strade. Si intensificarono pure le vendette e i ricatti, gli attentati e gli incendi: alla fine il conte, pressato anche dal figlio Ugolino e dal granduca Leopoldo II, fu costretto a cedere. Il palazzo pretorio, dal 9 gennaio 1849 diventò la sede municipale del nuovo comune di Castagneto Marittimo; una posizione di tutta preminenza sul Borgo sottostante, ormai destinato a diventare “uno dei salotti del mondo”. Sul
finire del Medioevo la Giustizia somministrava moltissime condanne a destra e a
manca. Rispetto
ad oggi, il codice di procedura era primitivo e quasi rituale, la fase
istruttoria ridotta al minimo, i condizionamenti dei giudici inesistenti,
o comunque diversi dagli attuali, il giudizio forse sommario, l’
appello, almeno a livello di
bassa giustizia, non previsto. Si riportano qui di seguito alcune sentenze emesse dai giudici del Capitanato di Campiglia nei confronti di cittadini di Castagneto e di Bolgheri. “Anno 1563 – Maria Giovanna, serva d’ Antonio di Bernabò di Castagneto per piccoli Furti fatti a detto Suo padrone, condannata a due ore di Gogna, restituzione del tolto, sotto dì 25 maggio”. La Gogna poteva avvenire in un luogo pubblico , oppure su un asino, che girava per le vie del paese con un cartello su cui era scritto il delitto commesso. “Anno 1578 – Sandro di Gimignano, Oste in Castagneto per aver alloggiato per più giorni Persona Forestiera Armata di più Armi proibite, senza averlo Denunziato alla Corte di Campiglia Condannato in Scudi 150, sotto dì 20 maggio”. Probabilmente il controllo era più facile ed accurato di oggi, se il povero oste incappò in una multa di oltre 5 milioni (in valore attuale). “Anno
1580 – Matteo d’ Andrea Lucchese
Abitante in Castagneto, per aver rubato un porco dalla Porchereccia
del Piano
del Conte Francesco, Condannato ad andar
sull’ Asino con Scopa, e in Gogna con cartello esprimente il suo
delitto, e a rimettere il Porco, ò sua Valuta, sotto dì Primo Marzo. I
maiali del Conte Francesco erano evidentemente molto pregiati, per cui la
pena doveva essere assolutamente esemplare. “Anno
1593 – Nigi di Giovanni d’ Antonio di Bolgheri, per Delazione d'Archibuso in detto luogo, e aver ammazzato una Cornacchia, condannato in
Scudi 12, e due Stratte di Fune e perdita dello Schioppo, sotto dì 22
Aprile”. L’
ultima sentenza potrebbe sembrare meritoria, se non fosse per il Malefizio
che le era connesso. Addirittura
veniva eletto il sindaco dei Malefizi, quasi un apprendista stregone
dell’ epoca. Uccidere
una cornacchia era di malagurio e una sentenza del genere suonava
come una condanna per i procacciatori di sventure.
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