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La chiesa prende il nome della Madonna del Carmine, perché fino al 1786 era di proprietà dell’omonima Compagnia.
A partire dal 1786, con la soppressione degli ordini religiosi, ormai semidistrutta, viene venduta alla famiglia Millanta (di qui il secondo nome). Niccola, grazie a una donazione del fratello Giuseppe ( il "Maestro" del Carducci) la fa restaurare; completato il restauro poco dopo la sua morte, prima della fine dell’Ottocento i suoi figli la donarono alla Misericordia.
Deve infine il terzo nome al fatto che, essendo praticamente l’unica chiesa in zona, si veniva a trovare sempre piena di fiori, in particolare di rose, in occasione della festa della Madonna che cade in Maggio.
Dal punto di vista architettonico la chiesa è così strutturata: all’esterno ha la facciata del tipo a capanna, intonacata, la cui parte superiore, in cui si apre una finestra strombata, poggia su un cortile esterno coperto (nartece) a tre archi, chiusi da un cancello centrale e due inferriate laterali. C’è un doppio campanile a vela ad archetti acuti su pilastri; all’interno ha il soffitto in legno a capriate, ricoperto in cotto e il  pavimento a piastrelle bianche e nere. Si vedono ancora decorazioni dipinte con diversi motivi che coprono le fasce inferiore e superiore delle pareti e la fascia inferiore dell’ abside. A destra dell’abside, che presenta una finestra strombata ad arco, si apre la sagrestia, con finestra, a pianta rettangolare.

L’altare maggiore, a pianta poligonale, posato su un gradino, è del tipo a blocco.
Il piano dell’abside (mensa) è sormontato da due livelli dipinti a disegni geometrici. La parte anteriore dell’altare o paliotto è decorato in modo simile, con una Madonna incoronata al centro. Restano quattro lampadari decorati e l’acquasantiera, posta alla destra dell’entrata, con un bacile con profilo ad ovuli poggiante su una colonna fatta a spirale (tortile) con basamento a solchi (scanalato).