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La Torre di Donoratico richiama subito, al primo impatto, la figura del Conte Ugolino: nato nel 1210, fu conte di "Donoratico e Settimo" e secondo signore di Pisa.
Subì la sconfitta della Meloria (1284) da parte dei genovesi e ne pagò le conseguenze nelle successive faide, finendo la sua esistenza nella Torre dei Gualandi a Pisa, insieme ai figli e ai nipoti.
Il dramma umano del conte suscitò sempre vivo interesse in letterati ed artisti. 
A trattarlo in maniera poeticamente sublime, ma umanamente spietata ci si mise per primo Dante, quasi suo contemporaneo, dal quale il Conte Ugolino fu descritto come un cannibale: "Poscia più che il dolor potè il digiuno".

Nel canto trentatreesimo dell'Inferno Dantesco viene narrata la storia del Conte Ugolino e della sua fine e di quella dei suoi figli, nella torre dei Gualandi.
"Poscia che fummo al quarto dì venuti, 
Gaddo mi si gettò disteso a' piedi,
dicendo:"Padre mio, chè non m'aiuti?".
Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid'io cascar li tre ad uno ad uno
tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi,
già cieco,a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che 'l dolor , potè 'l digiuno".


Oltre cinque secoli dopo, nel 1867 comparve sul Conte Ugolino un maggio drammatico che riprende l'oscura vicenda:
Vi consiglia a Gherardesca
Render tutti i suoi domini,
perché i popol Fiorentini 
renda il vostro e via se n'esca.


Immediatamente Renato Fucini ribattè con i seguenti versi, perché non gli sembrava accettabile la figura del Conte così com'era stata descritta da Dante:

Ho letto anco la storia d'Ugolino.
Lì, poi, si butta a fa 'troppo 'r saccente 
E da' bottate all'uso fiorentino.
Tu sentissi che robba 'mpeltinente!
O che 'un s'è messo a di', questo lecchino,
che Pisa é'r vituperio delle gente!

(omissis)

Dovevan dinni:-Voi siete un tegame: 
levatevi di 'vi, potete andare………-
e stiaffallo 'n esiglio dar reame.
Ma una strage 'osì, nun c'è memoria!
Che si ' ogliona! Un povero cristiano,
per avenne buscate alla Meloria,
giustizziallo a quer modo!


Un paio d'anni dopo Giosuè Carducci descrisse il Conte Ugolino in modo più decoroso, anche se storicamente dubbio:
Ricordi Populonia, e Roselle e la fiera
Torre di Donoratico a la cui porta nera
Conte Ugolino bussò,
Con lo scudo e con l'aquile a la Meloria infrante,
Il grand'elmo togliendosi da la fronte che Dante
Ne l'inferno ammirò?


In questa strofa il povero conte, pur perdendo i tratti cannibaleschi, si ritrovò però accentuati quelli di traditore della patria che gli avevano causato la tristissima fine nella torre della Muta (2).

A parte il fatto che il conte sarebbe stato troppo incauto a fuggire proprio a Donoratico (da dove risultava assente da almeno venti anni), in questi versi è la torre stessa a ricomparire in veste tragica .
L' immagine della torre e delle orde saracene (3) che vi si avventavano dal mare, avidi di preda e di strage, fu ripresa da Antonino-Tringalli Casanuova, prima ancora della grande guerra, con questa cantata epica:
(omissis)

Al fitto rintoccar della Gherarda,
la campana maggior della gran torre, 
le corti del castello in breve d'ora
rigurgitar di popolo minuto.
In mezzo a questo si fè strada il duce
Antonel Casanuova capitano 
dell'armata di Pisa e così disse:
-Di farvi cuore no, non v'ha bisogno
ché il Genovese non vi fa paura
e noi 'l ricaccerem,s'ei pure sbarchi,
di là dal mare alle sue strette valli:
Sassetta per stasera avrà mandato 
settanta lance e artiglieria da corda,
San Vincenzo altrettanto e due galere.
Prima di sera tutti nel castello
Dentro la cinta con le vostre robe
Ché giù nel borgo solo le muraglie
Han da restare al sacco genovese.
Donoratico è forte e le sue mura
non cadranno se non per la vecchiaia 
signori Genovesi e lo vedrete!-
Gran guardia in su la torre:i balestrieri
preparavan quadrella e manganetti
il torrigiano preparava i fuochi 
che scagliarsi dovean sopra il nemico

(omissis)

La voce s'era sparsa pel castello
e dì là pel paese:un orror muto 
teneva i cuori ed Antonello duce 
chiamava all'armi tutti della terra.
Nel giorno istesso venner di Saletro,
di Bolgheri, Fontana e Segalari 
armi ed armato:Donoratico era 
irto di lame e preparato all'urto.


In campo artistico il dramma del Conte Ugolino venne rappresentato in sculture di apprezzata fattura, tra le quali il gruppo fatto eseguire nel 1922 dal Conte Walfredo e collocato nel cortile posteriore del Castello di Castagneto.


Note

(1) Presentazione drammatica popolare ancora diffusa nell'Appennino Tosco-Emiliano derivato dai riti del calendimaggio.

(2) Luogo in cui si rinchiude una persona per analogia con luogo chiuso dove si tenevano gli uccelli da richiamo durante il periodo del cambiamento delle penne   

(3) Frotte di gente barbara