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La maggioranza della popolazione del continente asiatico è occupata nell’agricoltura. Il sistema delle coltivazioni, però , risulta nettamente superato e caratterizzato da fenomeni di arretratezza che ne limitano fortemente l’efficienza. Anche la produttività del lavoro è complessivamente molto bassa e non bastano i pochi esempi di sviluppo e crescita economica a compensare un quadro fortemente negativo. Nel complesso sistema agricolo ed industriale risultano scarsamente integrati e, spesso , la mancanza di adeguate vie di comunicazione e di tecnologie atte a garantire la trasformazione e conservazione del prodotto agricolo si risolvono in perdite di grandi quantità di produzione agricola, quindi, in situazioni di permanenti carenze alimentari che colpiscono molti dei paesi appartenenti a quest’area geografica.

Vi sono però alcuni paesi asiatici che costituiscono delle eccezioni rispetto alla tendenza generale e che godono di settori industriali particolarmente sviluppati. Il più noto tra essi è il Giappone che si è imposto a livello mondiale come potenza economica di primaria importanza. Ad esso, negli ultimi anni si sono affiancati, anche se con modalità e livelli di sviluppo molto diversificati e ancora ben lontani dai livelli economici giapponesi paesi come: Israele, Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong ed, in misura minore, Indonesia, Malaysia, Thailandia, Turchia, ecc.

Un ruolo importante nello sviluppo di alcuni Paesi appartenenti alla fascia asiatica è stato giocato dal petrolio; infatti, l’aumento dei consumi energetici ha contribuito alla crescita economica di alcuni Paesi, in particolare, degli Emirati Arabi. L’aumento di ricchezza, però, molto raramente si è risolto in benefici globali per le popolazioni; il più delle volte esso ha contribuito a far aumentare il divario tra ricchi e poveri e, quindi, ad aumentare il peso delle tensioni sociali.

Un consistente sviluppo si è avuto anche in India. Agli inizi degli anni novanta la Repubblica Popolare Cinese, grazie ad una politica di apertura agli investimenti esteri ed al sostegno statale all’industria interna, ha potuto contare su un tasso di sviluppo elevatissimo (12% annuo), ma, nel tempo, questa spinta allo sviluppo si è andata notevolmente attenuando in seguito al mancato innescarsi di processi di miglioramento del tenore di vita che avrebbero avuto come logica conseguenza, lo sviluppo di un consistente mercato interno di beni di consumo.

Anche il Vietnam ed il Laos stanno vivendo una fase di crescita economica significativa, mentre la Corea del Nord non sembra riuscire ad uscire dalla staticità della propria situazione economica.

Attualmente nuovi Paesi, formatisi dopo il crollo dell’Impero Sovietico, si affacciano alla ribalta dello sviluppo economico del Centro Asia. Tra essi quello che, attualmente, sembra garantire maggiori prospettive di sviluppo economico è il Kazakhstan.

La grande estensione (circa sette volte più grande dell’Italia) e la bassa densità di popolazione (14.500.000 abitanti) oltre alla scoperta di ingenti risorse petrolifere sembrano collocarlo in una posizione chiave dello sviluppo economico mondiale. C’è da tenere conto che il Kazakhstan dispone anche di enormi territori coltivabili ed estremamente fertili che potrebbero costituire il supporto per una rapida crescita della produzione nazionale e per l’incremento del tenore di vita. Il processo di rinnovamento economico di questi Paesi è comunque molto complesso e soggetto a battute d’arresto che spesso riescono a compromettere i risultati di una crescita indispensabile per tutto il mondo.