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Tutti paesi di collina hanno la loro sagra delle castagne.
Questa festa si festeggia non solo a Bibbona, ma anche a Castagneto o
nell'altri paesi delle colline. La festa delle castagne a Bibbona e in
qualche altro paese viene festeggiata solo da uno, duo o tre anni, per
ciò questa festa di paesi è molto giovane. A Bibbona, la festa delle
castagne è nata nell'ottobre dell'anno scorso e per ciò qualcuno non
sa niente di questa festa anche se abita nel paese di origine di questa
festa.
IL
CASTAGNO
Il
castagno vive molti anni ed ha "foglie caduche" seghettate e abbastanza
grandi. Ci sono 3 tipi diversi di castagna:
1. La castagna vera e propria,
2. Il marrone che è più polposo,
3. La castagna d'india che non è commestibile, ma viene usata per fare
la medicina.
La storia del castagno è scritta nel suo tronco. Quando si sega il
tronco del castagno si può contarne gli anni: ogni cerchio legnoso
indica un anno di vita dell'albero. I più interni si vedono appena; il
castagno era talmente piccino che cresceva lentamente. Poi diventano
talmente all'improvviso più grandi: il castagno crescerà ogni anno
come un ragazzino che ha fretta di crescere. Più tardi ecco che i
cerchi si ristringono da capo: il castagno ha messo il giudizio, ha
cominciato a produrre; ma ora cresce poco ogni anno.
Il tronco di un castagno giovane è durissimo: quando si sega un
tronco stagionato la sega scotta e occorre ingrassarla
di continuo. Oltre che essere duro, il castagno contiene una sostanza,
il "tannino", che lo salva dalla putredine; cosicché i pali
di castagno, diritti come fusi e tenacissimi, vengono impiegati per
sostenere alberi da frutta, o anche per sostenere i fili delle linee
elettriche.
Il tronco del castagno giovane è snello e diritto, ricoperto di
corteccia liscia e scura; può essere isolato, nato da una castagna
caduta, e allora cresce più lentamente; può nascere invece alla base
di un vecchio castagno, oppure da un ceppo tagliato e allora cresce con
straordinaria rapidità; si chiama in questo caso "pollone".
Con questo legno ( quando è già diventato maturo) si fa i mobili.
Il legno viene tagliato alle persone cui desiderano questi mobili, poi
viene lasciato per circa 3-4 anni per diventare un po' più vecchio,
dopo di che vengono fatti i mobili, e venduti alle persone che
desideravano.
Qualcosa in più sulle castagne:
Carta d'Identità delle castagne
Origine: Europea
Produzione: la produzione annuale di castagne in Italia è di tre
milioni di quintale.
La regione che dà il maggior quantitativo di castagne è la Toscana.
Dove cresce: preferibilmente en montagna.
Altezza massima: 35 metri.
Corteccia: grigio scuro, molto spessa e profondamente screpolata per
il lungo.
Verosimilmente indigeno anche in Italia, il castagno ha rappresentato
in passato un elemento molto importante per le genti dei piani montani
medi e bassi, tanto da venir coltivato con cura in tutta la penisola e
nelle isole maggiori. È difficile perciò oggi ricostruire con
esattezza l'areale originario di quest'albero, con le sue estese selve
costituisce una delle presenze più caratterizzati del paesaggio
boschivo italiano. Per l'importanza che ha rivestito nel passato, si
può dire che fra i grandi alberi il castagno è, con l'olivo, l'albero
più familiare nel nostro paese.
I boschi di castagno sono piuttosto diffusi, anche se distribuiti in
maniera non del tutto omogenea. Molto frequenti nell'Appennino
Settentrionale e nelle zone prealpine e centro-alpine, diventano più
localizzati e meno estesi in Italia centrale, presentandosi poi di nuovo
come vegetazione consueta nel meridione, segnatamente sul versante
tirrenico. Frequenti sono pure in alcune aree della Sicilia e della
Sardegna. Complessivamente vengono stimati per l'Italia 700 000 ettari
di castagneti. I boschi di questo tipo si trovano soprattutto nelle zone
sub-montane e montane inferiori. Nell'Italia continentale i castagneti si
concentrano specialmente tra 400 e 800 metri di altitudine, ma possono
arrivare fino a 1200 metri. Nelle isole si trovano anche fino a
1500-1600 metri. Seppure più sporadicamente, si incontrano boschi di
castagno anche su colline poco elevate e fino al livello del mare, come
in diversi punti della costa peninsulare adriatica e tirrenica.
Considerando l'ampia distribuzione geografica e altitudinale dei
castagneti si può ben comprendere come questi boschi siano inseriti in
un contesto climatico molto eterogeneo, dal clima
centroalpino a quello appenninico e mediterraneo. Il castagno preferisce
comunque condizioni termiche miti o temperato-calde e una buona umidità
a disposizione. Sotto il profilo della disponibilità di acqua è più
favorevole il clima dell'Italia alpina o settentrionale in genere, dove
le piogge sono meglio distribuite e non difettano durante la stagione
calda, quando l'albero è in attività vegetativa. Grazie all'abbondanza
delle precipitazioni, il castagno e i castagneti possono crescere in
siti diversi, sui suoli variamente esposti e di differente pendenza e
profondità. A mano a mano che si scende nell'Italia peninsulare e
mediterranea, il castagneto si trova invece sempre più localizzato sui
versanti freschi e ombrosi e sui suoli più profondi, cioè dove la
siccità estiva, propria del clima di questi territori, viene in qualche
modo compensata e ottenuta.
Relativamente bassa è la diversità dell'ambiente dei castagneti per
quanto concerne la natura del suolo, con particolare riguardo al grado
della acidificazione che, per quanto variabile, è in genere piuttosto
elevato. Il castagno infatti preferisce o, per meglio dire, diventa più
competitivo sui suoli acidi o privi o poveri di calcio. Suoli di questo
tipo si trovano più comunemente su formazioni geologiche di natura
silicea, ma anche su rocce sedimentarie più o meno calcaree. In questo
secondo caso l'acidificazione è però più contenuta e riguarda solo la
parte superficiale del suolo, il suolo del castagneto si presenta
inoltre sciolto e aerato, con un contenuto moderato di componenti
argillose e invece più ricco di parti sabbiose. Il castagno infatti non
si adatta ai suoli nettamente argillosi, che comportano condizioni di
asfissia a carico dell'apparato radicale. L'acidità è una delle
principali condizioni che incidono nell'ambiente del castagneto. Insieme
alle condizioni di intensità luminosa e di temperatura all'interno del
bosco, essa è in gran parte determinata e mantenuta per effetto del
tipo di utilizzazione cui questi boschi sono sottoposti.
In riferimento alla loro gestione si distinguono castagneti da frutto
o selve e castagneti cedui. I castagneti da frutto, mantenuti per la
raccolta delle castagne, sono costituiti da grandi e vetusti esemplari
arborei di solito di solito allevati in compagini diradate, allo scopo
di favorire migliore esposizione al sole e una più abbondante
fruttificazione. Queste foreste avevano una grande importanza
nell'economia rurale del passato e fino a tempi abbastanza recenti, in
quanto costituivano una fonte indispensabile di alimento per le
popolazioni soprattutto montane. In esse venivano effettuate con
regolarità alcune cure culturali che avevano lo scopo di agevolare la
raccolta delle castagne, di fornire materiale combustibile o adatto come
lettiera per le stalle e anche per preservare le piante di castagno
dall'eventuale invadenza da parte di altre specie arboree. Tra queste
attività era preminente la ripulitura del sottobosco, con asportazioni
di arbusti e giovani alberi e con la raccolta di cascami di legno e
delle foglie morte che periodicamente si accumulano sul suolo del
castagneto.
Come conseguenza di queste cure colturali il suolo si impoverisce
progressivamente di elementi alcalini (che in condizioni di naturalità
vengono restituiti attraverso le decomposizione dei resti vegetali
morti), per cui viene esaltato il suo grado di acidificazione.
Connessa a tale condizione del suolo e la comune presenza nei castagneti
di specie erbacee e arbustive acidofile. Tra le piante erbacee sono
frequenti, e un po' dovunque distribuite, la felce aquilina, il camedrio
scorodonia e il camedrio siciliano, la veronica officinale o tè
svizzero, la cicerchia montana e diverse altre. Tra gli arbusti
acidofili sono consueti nei castagneti la ginestra dei carbonai, la
ginestra pelosa, l'erica arborea, il brugo: essi figurano addensati
soprattutto nei castagneti radi e non più curati, altrimenti crescono
solamente al margine del bosco.
Nei castagneti radi e decespugliati si affollano anche numerose specie
di erbe pratensi, come festuche, trifoglio bianco, cicerchia dei prati,
pratolina, paleo odoroso e parecchie altre. Se la selva castanile viene
adibita anche al pascolo delle greggi e degli armenti, queste e altre
specie pratensi si addensano fino a formare cotiche erbose quasi
continue: in questo caso il castagneto si può considerare, più che un
vero bosco, come una prateria alberata.
Nei castagneti cedui, adibiti alla produzione di legname, i castagni
sono ridotti a ceppaie, con tagli eseguiti alla base del tronco. Le
ceppaie danno luogo alla emissione di giovani e vigorosi fusti o polloni
che vengono utilizzati come travi, pali e legna da ardere. I cedui sono
in genere più folti rispetto alle selve da frutto e meno disturbati da
ripuliture e asportazioni di lettiera: si determinano cosi condizioni
che sono spesso favorevoli alla presenza di componenti floristiche
proprie di suoli meno acidi e più ricchi di humus. Si possono cosi
riscontare cedui di castagno misti con latifoglie di diverso genere come
querce, aceri, carpini e tigli.
Anche molte selve castanili, abbandonate negli ultimi decenni a causa
del deprezzamento dell'attività culturale, si sono trasformate o sono
in via di trasformazione in castagneti misti a latifoglie, a causa della
crescita spontanea di parecchie specie, proprie soprattutto dei
querceti. Sui suoli meno acidi (derivati in particolare da substrati
contenenti calcio) queste piante dei querceti tendono a sopraffare il
castagno stringendolo da ogni lato con un'abbondante riproduzione. Sui
suoli più profondamente acidificati i castagneti, anche se abbandonati,
si mantengono invece inalterati o quasi, tranne una massiccia invasione
di arbusti acidofili nei più radi.
Un
tempo le castagne si producevano, non
tanto per venderle quanto per consumarle (poiché il loro prezzo era
sempre basso). Infatti i raccoglitori non venivano pagati in moneta;
ricevevano un terzo delle castagne raccolte o anche soltanto un quinto
se il bosco era pulito e la fatica minore.
D'autunno i raccoglitori entravano numerosi nei boschi; la varietà più
pregiata di castagne, i "marroni", si bacchiava come le noci,
le altre si lasciavano cadere da sé. Occorreva rastrellare, nei primi
freddi d'autunno, e toglierle dai ricci con le mani guantate, e intanto
il fumo cominciava a filtrare attraverso i tetti dei
"seccatoi". In queste costruzioni basse , senza camino, il
fuoco ardeva anche per cinquanta giorni di seguito. Sul graticcio che
sostituiva il soffitto, veniva essiccato, per quindici giorni, il primo
strato di castagne; poi lo si ammucchiava da un lato, se ne stendeva un
secondo, e su di esso si ributtavano le prime ancor calde. Intanto,
nelle vallate, le castagne invadevano le cucine. Le prime, freschissime,
servivano per fare le "arrostite" nella padella bucherellata o
le "pelate", bollite senza la buccia; poi, via via che
diveniva più difficile trovare castagne fresche, veniva il tempo delle
"caldarroste", e delle "biscotte" (castagne lessate
e poi biscottate nella padella bucherellata). La cucina popolare offriva
una golosità, il "castagnaccio"; i pasticceri raffinati
facevano invece il "Monte Bianco", una torta di castagnaccio,
ricoperta di panna e i "marrons glacès". Infine giungevano le
castagne "bianche" o castagne secche: passate all'essiccatoio
e poi rullate a lungo sull'aia per liberarle dalla buccia. Lessate si
mangiavano ancora calde, nel latte freddo.
Il castagno offriva, oltre alle castagne, anche altri prodotti: i
"pestumi" erano castagne che si erano rotte durante la
rullatura e venivano impiegate per il bestiame. La buccia secca di
castagne, la "pula", ed il legno di potatura alimentavano il
focolare; il fogliame forniva la lettiera per la stalla. E il giorno del
"Corpus Domini", nei paesi di fondovalle si coprivano i muri
di frasche di castagno, tanto che il paese odorava di bosco in attesa
della processione.
Il castagno che con l sua larga chioma dava ombra al giardino, era
altissimo. La sua vita era leggendaria: ne parlava il nonno con rispetto
e ammirazione; ma a lui già ne aveva parlato il suo nonno e forse il
bisnonno. Da secoli, insomma, quel castagno, come nume tutelare della
casa, vegliava sul giardino, lo proteggeva, gli dava ombra e frescura.
Da secoli? Si, da secoli, perché il castagno vive fino a mille anni.
Pensate un po': un albero che è stato testimone di vicende, e di fatti
che risalgono al Medioevo.
Il castagno forma ancora fitti boschi in Italia: ma è quasi ovunque
lasciato a se stesso, oppure sfruttato come albero da legname, non più
circondato dalle premure dei contadini che un tempo traevano da
quest'albero le castagne, frutti largamente apprezzati e consumati.
Proprio per questa lunghissima influenza antropica, è molto difficile
attualmente ricostruire l'areale originario.
Il castagno è diffuso in quasi tutti i nostri boschi, ma la sua
maggiore concentrazione si verifica sulle Colline Metallifere, in
prossimità di Castelnuovo.
Apprezzato per il legname e per i suoi frutti ricchi di amidi e di
zuccheri, questa pianta ha costituito una delle fonti principali di
sostentamento e di reddito delle popolazioni rurali di zone culinari e
montane del nostro Paese.
Tutt'oggi le castagne vengono usati nei modi più vari: fresche, secche
o ridotte in farina, mentre l'industria dolciaria le usa per fare
marrons glacès e marmellate.
Il castagno è un albero importante che può raggiungere l'altezza di 30
metri. Si espande con molti rami a forma di chiome di notevole ampiezza.
La corteccia si divide in lunghi e nervature a spirale.
Le foglie sono alterne, seghettate e con nervature parallele.
I fiori sono raggruppati in amenti: i fiori maschili sono disposti
all'apice, mentre i fiori femminili sono alla base.
I frutti sono costituiti da un riccio verde spinoso che racchiude i semi
(castagne), anche con buccia marrone scura.
Le castagne, come ho già detto, dovevano sfamare la gente dei
villaggi molto poveri. A volte, i contadini mangiavano le castagne al
posto della carne, o li mettevano da parte, e le mangiavano durante
tutto l'anno.
Dopo qualche secolo, la gente non essendo più cosi povera, vendeva le
castagne fatte un tutti i modi in ogni negozio, invece adesso, le
castagne si comprano solo nei negozi o sui banchi solo quando c'è la
sagra delle castagne, non come nei tempi passati.
Il dolce più famoso è Monte Bianco, ma ci sono anche altri, per
esempio: i tartufi, castagne secche o cotte nel latte, le castagne
arrosto, castagne lesse o le castagne candite o Neccio (sono le focacine
di farina delle castagne diminuite con l'acqua, nel mezzo con la
ricotta, e viene cotta tra due piastrelle roventi.
In Stati Uniti, per il giorno di ringraziamento, viene preparato il
tacchino ripieno di castagne. (Dicono che è buono, ma si è come noi
non lo sappiamo ho parlato di questo piatto con alcune delle mie amiche
e sapete cosa anno risposto, beh anno detto che è disgustoso.
Sinceramente io non le capisco, perché come possono dire che è
disgustoso senza aver prima assaggiato. Ma chi sa forse un giorno anche
noi assaggeremo questo piatto, e allora ci sarà da ridere su quello se
è veramente disgustoso o invece è buono).
Tutto questo e altro è presente su questa festa. Oltre a vendere per
cosi le castagne, la gente fa il pranzo e la cena li, dopo di ché tutti
fanno delle passeggiate o ballano. Sui banchi di questa festa ci sono
non solo i dolci preparate con le castagne, ma anche dei diversi oggetti
preziosi, cari e belli, o che servano per la casa o per le stanze come
la camera da letto, o il salotto o la cucina e altre stanze.
Un scrittore italiano ha scritto questa poesia sulle castagne:
Il buon odore delle caldarroste,
quando ritorno a casa dalla scuola,
si diffonde nell'aria e mi ristora.
C'è una vecchia con lo sciale viola
che mi sorride mentre le rivolta
sulla padella arroventata… Buone
son le castagne! E scaldano le dita.
Si aspetta un poco prima di mangiarle:
è tanto carezzevole il tepore
che si tengono con gioia fra le mani.
G. Serafini
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