LA MIA CASA
La mia casa si trova in campagna, è grande e la stanza principale è
la cucina. A destra c'è la madia che contiene il pane per tutta la
settimana, farina e un po' di lievito; da li quando il pane è fresco esce
un odore molto invitante. Nella vetrina , abbellita da trine, fanno bella
mostra tazze, bicchieri e piatti in grande quantità perché in famiglia
siamo in tanti.
I piatti sono di terracotta bianca,spessi e un po' sbeccati .
Le posate sono di alpacca, sembrano doro e la mamma per mantenerle così,
quando le rigoverna, le struscia bene altrimenti diventano nere.
Nell'acquaio di graniglia ci sono i catini di terracotta, smaltati di
verde e vicino le mezzane che contengono l'acqua.
Tutti i giorni, sia con il freddo che con il caldo, la mia mamma va a
pren-dere l'acqua necessaria nei pozzi o nelle fontane.
Per averla sempre calda si mette nel paiolo attaccato ad una catena nel
camino. Questo è grande, annerito dal fumo.
Intorno ci sono delle panche di legno.
Mentre noi siamo fuori a giocare , la nonna prepara il mangiare sulla
stu-fa a legna sulla quale ci tiene a scaldare i pesanti ferri da stiro.
Le camere si trovano di sopra, io ho un letto piccolino fatto di ferro
bat-tuto e il saccone è imbottito di foglie di granturco. Sotto il letto
c'è il va-sino perché in casa il bagno non c'è. Per lavarci le mani e
il viso ci serviamo di un lavamano di ferro con una catinella dove noi
versiamo dell'acqua contenuta in una brocca. Fuori della casa c'è il
forno, che vie-ne riscaldato e poi pulito con lo scatizzolo costruito dal
nonno.
La famiglia
UNA NONNA RACCONTA ...
La mia famiglia è molto numerosa ed è formata da: il capoccia, cioè
il nonno, la massaia, cioè la nonna, gli zii, i cugini, i genitori e i
fratelli.
Ogni mattina ci svegliamo al canto del gallo, io ed i miei fratelli
andiamo a scuola; le donne puliscono la casa e nel frattempo gli uomini
vanno alla terra per lavorare le viti, gli olivi o seminare il grano. Il
compito delle donne consiste nel pulire la casa, rifare i letti e lavare i
panni e allevare polli e conigli per barattarli con cose utili alla
famiglia.
Ogni otto giorni la nostra mamma prepara il pane, io sono molto contento
perché ci fa il cianchino, buonissimo da mangiare. Ma per guadagnarmelo
devo portare piccoli fastelli di legna per riscaldare il forno.
Quando preparano il pane non ci vogliono in cucina e ci mandano a gio-care
sull' aia.
Invece, abbiamo campo libero quando mamma, zie e nonne fanno il bu-cato,
un lavoro molto faticoso. Il mio compito è di prendere l' acqua dalla
fontina e di portarla in casa.
Per fare il bucato ci vuole tanto tempo e si usa la cenere.
Molto spesso le donne portano il "desinare" agli uomini nei
campi e nel pomeriggio fanno l'uncinetto, la calza, riparano gli indumenti
rotti e fan-no la "soletta".
La sera, le donne preparano la tavola per mangiare tutti insieme.Poi
an-diamo a fare la veglia sull'aia: ci raccontiamo storie, cantiamo
canzoni e stornelli.
La mia storia preferita è quella del Galletto e la volpe.
Nella nostra famiglia ci sono due zie non ancora sposate, ma la mia non-na
pensa già al matrimonio di una di esse.
Le nostre giornate sono sempre più o meno così.
Matrimonio
Tanto tempo fa non c'erano molte occasioni per divertirsi o per uscire
e quindi i matrimoni, soprattutto in campagna, erano un evento di grande
importanza e di notevole interesse non solo per la famiglia, ma per tutta
la contrada.
Tutto il cerimoniale era ben preciso e bisognava attenersi rigorosamente
alle regole, per non suscitare le ire di qualche parente e rischiare così
di mandare a monte le nozze. Il giorno del matrimonio lo sposo si recava a
casa della sposa ed insieme davano inizio al corteo che proseguiva fino
alla chiesa.
Dopo la cerimonia in chiesa, gli sposi con gli invitati si recavano al
luogo del banchetto, che in genere era la casa di uno dei due sposi. I
fe-steggiamenti finivano non di rado in solenni ubriacature e furiosi
litigi il cui motivo era sempre inevitabilmente lentità della dote di lui
o di lei.
La vetrina
Alla mostra abbiamo visto una vecchia Vetrina che usava nelle case di
un tempo.
La vetrina di una volta era in legno di diverse qualità: pioppo,
castagno, noce…
Era di forma rettangolare con due ante di vetro e all'interno aveva alcune
mensole che servivano da appoggio per: bicchieri, piatti, tazze…
Utensili
In cucina non c'erano molti utensili.
Le posate erano di un materiale dorato e pesante chiamato alpacca.
I piatti erano di terracotta abbastanza spessi.
Tutti gli oggetti venivano riposti nella vetrina, un mobile con i vetri e
due sportelli di legno
La mostra
A Montescudaio è stata realizzata una mostra di oggetti che venivano
usati al tempo dei nonni sia per lavoro che per la casa.
C'era anche un banchino di scuola con quaderni, libri e penne con i
pennini.
Tutto quello che abbiamo visto è stato molto interessante perché ci ha
riportato indietro nel tempo.
Il bucato
Per fare il bucato era una faticaccia e occorreva più di un giorno. Le
don-ne bagnavano i panni direttamente al fosso; poi si insaponavano per
be-ne soprattutto sulle macchie più sporche.
Poi il bucato veniva portato in casa e sistemato nella conca, a strati ben
distesi, mettendo i vestiti più vecchi e stracciati sul fondo, lasciando
i più nuovi e meno sciupati, per primi.
Dopo si metteva un panno grosso chiamato "cenerone" ricoperto di
ce-nere e doveva essere sostenuto da bastoni d'acero (legno che non
macchia). Il momento cruciale era quando le donne versavano l'acqua
bollente, un po' per volta, in modo che venisse assorbita e passasse sopra
i panni rendendoli puliti e bianchi.
Si doveva far bollire l'acqua tante volte e riempire due volte la conca
fa-cendo venire il bucato come si deve.
Poi si riempiva di nuovo la conca con l'acqua e si lasciava tutta la
notte. Il giorno dopo le donne toglievano il cenerone e raccoglievano il
ranno (un detergente molto forte) dai catini.
La mattina dopo le donne raccoglievano i panni dal cenerone e li
porta-vano a lavarli al lavatoio. Infine li stendevano sui cespugli.
L'alimentazione
UNA NONNA RACCONTA …
Nella mia famiglia non siamo molto ricchi e mangiamo sempre le stesse
cose.
La mamma fa il pane una volta alla settimana e, quando la farina bianca è
scarsa , di solito, la mescola con la farina di granturco.
Quasi sempre si mangiano fagioli e zuppa di cavoli.
Invece la carne si mangia nei giorni festivi, o nei casi di matrimoni e
battesimi.
Ogni mattina quando andiamo a scuola la mamma, ci fa il pane "inna-gliato"
o con l'olio però noi, dobbiamo stare molto attenti a non ungere i libri
e i quaderni.
D'estate si mangiano soprattutto baccelli, pomodori e panzanella; questa
viene preparata dalla nonna con il pane inzuppato nell'acqua e le verdure
nell'orto: pomodoro, cetrioli, cipolle.
Nei giorni precedenti al carnevale, i nonni uccidono il maiale per poi
ri-cavarci prosciutto, salame, salsiccia e altre cose.
La nonna provvede a sistemare le braciole, i fegatelli e parte del
malle-gato sotto lo strutto destinati al " desinare" dei giorni
estivi di intenso la-voro.
Il pranzo di quella giornata è uno dei più succulenti di tutto l'anno.
Il prosciutto viene "incignato" per la trebbia, quando tanta
gente viene a casa mia a mietere il grano.
Quel giorno sulla tavola c'è di tutto, perché i lavoratori non devono
sof-frire la fame ed è una bellissima festa.
Ricetta
I DOLCI DI PASQUA.
La settimana di Pasqua le "massaie" facevano i dolci per tutte
le feste.
Il dolce tipico era la "schiaccia". Il procedimento per la
lavorazione di questo dolce durava anche due giorni; la cosa più
difficile era la lievita-zione, perché il dolce doveva essere pronto per
l'ora che la preparazione del forno aveva assegnato.
La pasta veniva messa in tegami di smalto di alluminio ben uniti con lo
strutto di maiale .
Altri dolci tipici di questo periodo erano i coralli,i cantuccini e gli
spumi-ni.
Il pane
Come si faceva il pane
La sera, prima di andare a letto, si rimetteva il lievito.
Nella madia si formava un bel mucchio di soffice farina stacciata prima
con lo staccio, nel mezzo vi si faceva una conchetta dentro la quale ci si
metteva il lievito.
Si prendeva lacqua tiepida e piano si impastava la farina con il lievito
fino a formare una palla liscia.
Le forme ottenute venivano appoggiate su una tavola,sulla quale cera steso
un telo che serviva anche a separare i pani.
I pani coperti venivano lasciati a lievitare, per un'ora circa, al cal-do.
Intanto si pensava a scaldare il forno e a pulirlo con rabbiello e lo
scatizzolo. Con la pala le forme del pane venivano infornate e li dentro
al forno restavano fino alla cottura.
Quando il pane si toglieva dal forno era profumato e croccante e doveva
durare per otto giorni.
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