Mussolini

Benito Mussolini nacque a Dovia di Predappio (Forlì) il 29 luglio 1883.
Si avvicinò da giovanissimo al socialismo, anche per influenza del padre. Nel 1902 fuggì in Svizzera per sottrarsi al servizio militare e vi rimase fino al 1904 segnalandosi come agitatore politico e attivista anticlericale.
Rientrò in Italia e si avviò all'attività giornalistica. Alla vigilia della prima guerra mondiale si schierò apertamente dalla parte degli interventisti; si arruolò come volontario nel settembre 1915 e partecipò al conflitto fino al febbraio 1917, quando venne ferito.
Nel marzo 1919 fondò a Milano i Fasci di combattimento, che derivano dal nome di un antico simbolo romano, il fascio littorio.
Nel 1921 Mussolini abbandonò le aperture sociali del programma del 1919 e evidenziò la difesa dello stato e dell'antiparlamentarismo, trovando seguaci soprattutto nei reduci di guerra. Fu eletto deputato nel 1921. Dopo la marcia su Roma (28 ottobre 1922) ebbe da Vittorio Emanuele III l'incarico di formare il nuovo governo. Il passaggio al vero e proprio regime fascista avvenne dopo che Mussolini rivendicò alla Camera la responsabilità politica dell'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti.
Il Partito nazionale fascista si impossessò di molteplici associazioni giovanili, studentesche, ricreative, culturali e di enti parastatali.
Mussolini, preoccupato di rafforzare il suo potere, l'11 febbraio 1929 stipulò con la Santa Sede i Patti Lateranensi che sancirono la conciliazione tra lo Stato italiano e la Chiesa.
Il "duce" intraprese una politica estera volta a soddisfare le sue ambizioni espansionistiche e colonialistiche (conquista dell'Etiopia, 1937-36) e a stabilire più forti i legami con la Germania nazista. Convinto che l'alleanza con la Germania avrebbe garantito all'Italia grandi opportunità di espansione economica e territoriale, Mussolini strinse relazioni sempre più strette con Adolf Hitler, che venne accolto trionfalmente nella visita compiuta in Italia nel maggio del 1938. In ossequio al dittatore nazista, nel settembre di quello stesso anno Mussolini promulgò le leggi "per la difesa della razza", con le quali i circa 70.000 ebrei italiani venivano banditi dalla pubblica amministrazione, dalla scuola, dall'esercito, dalla vita civile. Nel contempo, Mussolini accelerò il programma di militarizzazione, nella prospettiva di un conflitto che gli eventi internazionali annunciavano come imminente. Come mossa correlata alla politica espansionistica tedesca decise l'invasione dell'Albania (aprile 1939), a cui seguì nel maggio la stipula del cosiddetto "patto d'Acciaio" che legava militarmente e politicamente l'Italia alla Germania. L'ingresso dell'Italia nel conflitto mondiale fu voluto da Mussolini allo scopo sia di controbilanciare la supremazia tedesca, esaltata dai risultati conseguiti con l'occupazione della Polonia e della Francia, sia di emulare Hitler su fronti meno impegnativi, nei quali sperava di ottenere facili vittorie che gli consentissero di trattare alla pari con la Germania in merito alla nuova sistemazione dell'Europa. Alla base di tale ipotesi agiva in lui la convinzione che la guerra si sarebbe conclusa rapidamente, non appena la Gran Bretagna, isolata e sottoposta a un duro attacco tedesco, avesse intavolato trattative di pace.
Il messaggio lanciato da Mussolini agli italiani il giorno della dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna (10 giugno 1940) era la sintesi di quei contenuti ideologici su cui il fascismo aveva costruito le sue fortune. Facendo ricorso alla trita retorica di cui il paese, impreparato militarmente alla guerra, era ormai pervaso, Mussolini giustificò l'intervento presentandolo come un'occasione di lotta dei popoli poveri e laboriosi contro gli stati detentori delle ricchezze e della finanza mondiali, rivisitando il mito della "nazione proletaria". In realtà ottenne solo insuccessi che ridiedero spazio a tutte le energie contrarie al fascismo precedentemente represse. E così vennero le gravi vicende della guerra, in Grecia (1941) e poi in Egitto (1942);il proposito di stendere sul "bagnasciuga" i nemici che avessero osato porre il piede sul suolo d'Italia (24 giugno 1943); fino a che, dopo l'invasione anglo-americana della Sicilia e il suo ultimo colloquio con Hitler (19 luglio 1943), fu sconfessato da un voto del Gran Consiglio (24 luglio) e fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele III (25 luglio).
Ma la guerra segnò sia la fine del sogno imperiale fascista, sia quella dello stesso Mussolini. Messo in minoranza dal Gran consiglio del fascismo con il cosiddetto "ordine del giorno Grandi" il 25 luglio 1943, il duce fu destituito e fatto arrestare dal re, che nominò capo del governo il maresciallo Badoglio. Liberato dai tedeschi, Mussolini divenne un semplice strumento nelle mani di Hitler, che lo pose formalmente alla guida della Repubblica sociale italiana, il regime collaborazionista instaurato nell'Italia settentrionale controllata dai tedeschi.
Il 27 aprile del 1945, travestito da soldato tedesco, Mussolini tentò di fuggire in Svizzera con la sua amante Claretta Petacci. Riconosciuto dai partigiani a Dongo, fu catturato e giustiziato il 28 aprile 1945 a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como.