8 Settembre 1943: la fuga del Re
Le trattative con gli anglo americani cominciano ad agosto. Vittorio Emanuele
III è in contrasto con il proprio stato maggiore, propenso ad accettare la resa
incondizionata. Il re la giudica un’esplicita condanna della monarchia e la
rifiuta. Pretende garanzie per la dinastia ed arriva addirittura a chiedere il
ripristino dell’impero coloniale italiano in Libia, Somalia ed Eritrea. Spera
poi che le operazioni militari alleate si concentrino in Francia e nei Balcani,
lasciando in pace l’Italia. Si tratta di pretese assurde. Dal punto di vista
strategico, gli alleati vogliono costringere Hitler a invadere , concentrando
truppe in Italia per distogliere dalla Normandia (dove era già in programma lo
sbarco decisivo) e dalla Russia. Gli alleati non hanno poi motivo di difendere i
Savoia. Il re permette a Badoglio di abolire il Partito Fascista, ma gli
impedisce di arrestare i gerarchi. Rimangono in vigore le leggi razziali e le
norme che proibiscono la costituzione di partiti politici. Molti fascisti
rimangono in carcere, altri vengono arrestati. In un clima di indecisione ed improvvisazione, le trattative proseguono a
rilento. Gli alleati hanno più volte la netta sensazione che il re sia
interessato a difendere soltanto le sue prerogative. Il 3 settembre il Quirinale
si rende conto ormai è possibile soltanto la resa incondizionata. Il giorno
stesso a Cassibile, in Provincia di Siracusa, il generale Giuseppe Castellano
firma pere l’Italia con la Germania e la consegna agli anglo americani della
flotta e dei porti del meridione, deve rimanere segreto fino al nuovo sbarco
alleato, programmato a Salerno per l’8 settembre. Gli alleati si aspettano la
collaborazione dell’esercito italiano, ma i vertici militari riprendono a
tergiversare. Vittorio Emanuele, in preda al panico, l’8 settembre convoca il
consiglio della corona. Dopo una breve riflessione, Vittorio Emanuele ordina a
Badoglio di rendere pubblico l’armistizio. Radio New York ha già
trasmesso la notizia ed è cominciato lo sbarco a Salerno. In tarda serata
Badoglio si reca negli studi dell’Eiar e legge l’ambiguo comunicato "Ogni atto
di ostilità contro le forze anglo americane deve cessare da parte delle forze
italiane. Esse però reagiranno ad altri attacchi di qualsiasi altra
provenienza". Ancora il 9 settembre, i giornali parlano di successi contro il
2nemico anglo americano".
La grande fuga
La mattina del 9 settembre il re e Badoglio fuggono verso Pescara. Prima di partire distruggono gli archivi del ministero degli Esteri e della Guerra, ma non danno alcuna disposizione ai ministri e ai comandi militari. Alle porte di Roma si registrano i primi scontri tra italiani e tedeschi (invasione dell’Italia). In sei settimane il governo non ha preparato alcun piano di emergenza. È l’inizio di una tragedia immane. I soldati italiani, rimasti senza superiori e senza ordini, sono facili vittime delle rappresaglie tedesche. Il re fugge verso Brindisi. Durante la traversata, il10 settembre, invia un telegramma all’ottantunenne maresciallo Enrico Caviglia, con l’ordine di coordinare la difesa di Roma. Il telegramma non arriva a destinazione, ma è stato comunque spedito troppo tardi. Mussolini, prigioniero sul Gran Sasso, viene liberato da paracadutisti tedeschi. Il duce definisce il re "il più grande traditore della storia d’Italia", colpevole di aver fatto entrare in Italia un esercito di "ottentotti, sudanesi, indiani venduti, negri statunitensi, ed altre varietà zoologiche". Una volta a Brindisi, Vittorio Emanuele diffonde una dichiarazione in cui spiega la fuga come atto necessario per la salvaguardia di un governo libero, dicendosi pronto a morire per la difesa del suo Paese. Il 23 settembre scrive al re d’Inghilterra e al presidente Roosevelt. Si dice fedele al regime parlamentare ed auspica una voce avanzata degli anglo americani in modo da ritornare presto a Roma. Soltanto il 13 ottobre, dichiara guerra alla Germania. Rimprovera comunque Badoglio per non aver barattato questa decisione con qualche concessione territoriale da parte degli Alleati. A corte, in molti suggeriscono al re di abdicare per salvare la monarchia. Vittorio Emanuele rimane però geloso della sua posizione. Vuole essere ancora un re che governa. Intanto il Paese conosce la tragedia della guerra civile. Mussolini guida la Repubblica di Salò, stato fantoccio filo nazista. La guerra durerà ancora un anno e mezzo.
L’armistizio
"Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza".