A cappella |
Composizione musicale, molto in uso specialmente nel sec. XV, per
sole voci, senza accompagnamento strumentale. Tempo musicale del
periodo aureo della polifonia: la battuta è formata da una breve,
o da una equivalente somma di valori. Lo si batte in due
movimenti. Nelle edizioni moderne generalmente si dimezzano i
valori, cosicché la battuta ha il valore complessivo di una breve. |
Agnus Dei
|
brano liturgico di provenienza orientale, recitato o
cantato in ogni messa, ripetuto tre volte, tranne il venerdì
santo e la vigilia di Pasqua. Conclude tutte le litanie e si
trova, in forme diverse, in quasi tutte le liturgie.
|
Antifona
|
indica il canto alternato tra due cori nelle chiese
|
Aria
|
nella canzone il termine distingue in particolare la
linea melodica, il motivo. Come forma musicale nasce nelle corti e
nelle accademie francesi nel sec. XVI, frutto della collaborazione
tra poeti e musicisti, affidata al canto del solista sorretto da
un accompagnamento, e caratterizzata da una struttura a strofe.
|
Armonia
|
Modernamente, indica la combinazione simultanea di
più suoni diversi. In senso lato, la scienza che studia gli
accordi nella loro composizione e concatenazione, stabilendone le
leggi. Riguarda le aggregazioni di suoni in senso verticale (v.
anche contrappunto).
|
Ave
Maria |
inizio
del saluto dell'angelo a Maria, nel momento dell'Annunciazione.
Il
testo dell’Ave Maria comprende tre parti: prima: saluto
dell’Angelo Gabriele (Luca 1,28) seconda: saluto e profezia di
Elisabetta (Luca 1,42) terza: invocazione finale (Sancta Maria;
aggiunta nel XII secolo) Le prime due parti, fin dai tempi di S.
Gregorio, hanno fornito il testo ad una antifona per la festa
della Beata Vergine e, prima del XII secolo, di un’ offertorio (IV
Domenica di Avvento; festa dell’ Immacolata). Musicata fin dai
tempi dell’ ars Antigua, il testo ha stimolato numerosi musicisti.
Nel Rinascimento ricordiamo: Byrd (a cinque voci), Despres, Lasso,
L. Da Victoria, Palestrina, Monteverdi, Arcadelt, Willaert,
Cristobal de Morales, tutte polifoniche. In epoca romantica
ricordiamo Schubert (Lied op. 52 n. 6), Gounod (sul primo Preludio
di Bach), Donninzetti( con testo dantesco, Paradiso XXXII canto),
Rossini Brahms, Listz, Bizet, Verdi, Saint-Saens, Bruckner con le
Ave Maria di fine ottocento. Nel nostro secolo Kodaly, Stravinsky,
Romaninov. |
Baritono |
tipo di
voce virile, tra quella di tenore e quella di basso, il cui ambito
va dal si bemolle(1) al sol(3). |
Basso |
la più
grave delle voci maschili, dal fa(1) al mi bemolle(3). |
Basso continuo |
Sostegno armonico che accompagna la composizione dal principio
alla fine (e perciò è detto continuo). Instauratosi alla fine del
sec. XVI con l’affermarsi di una sensibilità armonica del fatto
musicale, fu uno degli elementi fondamentali dell scrittura
musicale fin verso la metà del sec. XVIII: veniva improvvisato al
clavicembalo o all’organo, spesso unito a uno strumento ad arco
(viola da gamba o violoncello) che suonava soltanto la linea
fondamentale del basso. |
Battaglia |
Forma vocale o strumentale che imita
il fragore di un combattimento. Fu in voga specie nei secoli
XVI-XVII e celebre è il Il combattimento di Tancredi e Clorinda
di Claudio Monteverdi.
|
Cantata |
composizione
vocale melodica, accompagnata, profana o sacra. |
Canticum |
espressione
corale di lode a Dio, i cui testi sono tratti dal Vecchio
Testamento (12 cantica minora), dal Nuovo Testamento (3 cantica
maiora) o da fonti non scritturali |
Canto |
Emissione modulata della voce, tale da ottenere una successione di
suoni musicalmente significativa. La storia del canto può essere
tracciata, per la musica occidentale, solo a partire dalle prime
manifestazioni del canto cristiano liturgico (gregoriano), in cui
risulta già testimoniata la presenza di abbellimenti, di una
vocalizzazione sobriamente ornata. Il canto liturgico influenzò
quello monodico profano medievale (di trovatori, trovieri,
Minnesänger ecc.). In età rinascimentale predominò il canto
polifonico; possediamo preziose indicazioni sul suo stile e sulla
sua prassi esecutiva, ma esse diventano oggetto di più sistematica
ed esauriente trattazione solo agli inizi del sec. XVII, con
l’affermarsi definitivo della monodia e dei generi ad essa legata
(cantata, oratorio, melodramma) e con il preciso delinearsi della
figura del cantante virtuoso, spesso anche compositore, come G.
Caccini, cui si devono alcune delle prime e più interessanti
testimonianze sul canto del tempo. L’affermazione del ‘recitar
cantando’ e la ricerca di un’aderenza al testo non esclusero il
gusto per gli abbellimenti e per l’ornamentazione improvvisata,
che assunse una netta prevalenza nell’evoluzione dell’opera, dando
origine, con il contributo determinante dei castrati, al ‘bel
canto’ settecentesco. Nei primi decenni del sec. XIX si affermò
gradualmente uno stile vocale diverso, la cui ricerca di valori
drammatici - che non va confusa con l’affermarsi di un canto
violento e sfogato, di realistica immediatezza, quale si diffuse
in Italia alla fine dell’800 con il ‘verismo’ - determinò
l’estinguersi del gusto belcantistico. Soprattuto nel sec. XIX lo
stile di canto presentò aspetti diversi in Francia, Germania e
Italia. Nelle esecuzioni attuali di composizioni dei secc. XVII e
XVIII e del primo ‘800 si assiste ad un ritorno alle antiche
belcantistiche al fine di una loro riproposta storicamente
attendibile, al di là del condizionamento del gusto verista,
sensibile soprattutto in Italia. Nel primo ‘900, con la
progressiva scomparsa del ruolo primario svolto sino ad allora
dalla melodia (soprattutto nell’opera italiana), il canto si
trasformò o in un declamato rispettoso dell’accentazione fonetica
e ritmica della lingua parlata (C. Debussy) o in una esasperazione
del declamato wagneriano (R. Strauss). Sulla scia di quest’ultimo,
e in sintonia con la poetica dell’impressionismo affermatasi a
partire dagli anni ‘20, sorse nei paesi di lingua tedesca lo
Sprechgesang, in contrapposizione del quale I. Stravinskij
ripropose alcuni modelli vocali settecenteschi, avvolti però in un
contesto estetico novecentesco. Nella musica d’avanguardia,
infine, il canto ha accolto aspetti particolari della fonazione
(grida, sospiri, gemeti ecc.), riducendosi così a un ‘gesto’
vocale, in virtù del quale la parola perde la sua tradizionale
funzione comunicativa. |
Cantoria |
L’insieme dei cantori e il luogo, di solito a forma di tribuna,
destinato ai cantori di una chiesa o di una corte. Le esigenze
liturgiche e la necessità di separare il coro dagli officianti e
dai fedeli hanno fatto sì che gli si riservasse un luogo ben
definito, sopraelevato, generalmente delimitato da una balaustra,
in connessione con l’organo, e situato nella zona presbiterale.
L’inserimento del nuovo organismo nel contesto dell’edificio si
produsse sia a livello strutturale e architettonico, sia come
decorazione applicata alla struttura. Come fatto decorativo ebbe
manifestazioni e sviluppi, specie nei periodi barocco e rococò,
sempre più complessi fino a coinvolgere le strutture dell’organo,
tanto che, per esigenze di spazio, organo e cantoria furono
inseriti nella parete d’ingresso della chiesa, ad di sopra della
bussola.
|
Cantus |
la
parte superiore di una composizione vocale o strumentale che
contiene la linea melodica (il moderno soprano) |
Ciaccona |
Forma
musicale la cui struttura è caratterizzata da ripetute variazioni
sopra ad un basso ostinato.
|
Consort |
Termine che nell'Inghilterra dei
secoli XVI-XVII indicava un complesso di strumenti, distinguendo
tra whole consort (costituito da strumenti della stessa
famiglia) e broken consort (costituito da strumenti
timbricamente non omogenei).
|
Contralto |
la più
grave delle voci femminili, la cui estensione va dal fa(2) al
fa(4) |
Contrappunto |
Discorso musicale in cui procedono contemporaneamente due o più
melodie o parti, ciascuna delle quali concilia il proprio valore
espressivo con determinati rapporti armonici fra essa e le altre.
Le leggi del contrappunto, formatesi attraverso la pratica della
polifonia (v.) di cui il contrappunto rappresenta la maturità, si
sono rinnovate seguendo il gusto e le tendenze dei compositori
nelle varie epoche. Il termine c. designa il contrapporsi dei
suoni d'una melodia a quelli di un'altra melodia (punctus contra
punctum). Esso appare sulla fine del XIII secolo, quando la
polifonia aveva da tempo raggiunto valore d'arte ossia era già, in
sostanza, c. Nel XIV secolo s'affermò il principio dell'imitazione
(v.), di grande importanza nella storia delle forme
contrappuntistiche. Il c. può essere per voci o strumenti, oppure
per voci e strumenti insieme. Lo studio del c. è parte essenziale
dello studio della composizione. Importanti trattati di c. sono
stati scritti da J. J. Fux, G. B. Martini, L. Cherubini e, fra i
modern, Th. Dubois, S. Jaddassohn, H. Riemann, V. Ferroni e altri.
|
Corale |
Nella
terminologia musicale italiana è il canto liturgico proprio della
chiesa luterana, generalmente denominato in tedesco Kirchenlied.
Martin Lutero, che annetteva grande importanza al canto della
comunità dei fedeli, si impegnò personalmente nella creazione di
un repertorio che fosse alla portata delle masse, in lingua
volgare e melodicamente semplice, da utilizzarsi durante il
servizio divino. Le prime pubblicazioni risalgono al 1524. La
melodia del corale fu fin dagli inizi sottoposta a diversi tipi di
elaborazione polifonica, vocale e strumentale. L'utilizzazione del
corale nelle cantate e nelle passioni culminò nella produzione di
J.S. Bach, le cui elaborazioni presentano una grande varietà di
tipologie. Accanto alle forme vocali, il corale servì da base per
la creazione di forme strumentali organistiche, quali il
preludio-corale, la fantasia o la partita su corale |
Coro |
indicava
il luogo in cui veniva eseguita una danza o un canto. Riferito al
canto, un coro si dice monofonico quanto tutte le voci cantano la
stessa melodia, e polifonico quando cantano varie melodie. Un coro
senza accompagnamento musicale è detto a cappella, con
accompagnamento è detto concertante.
Unione di cantori nell'esecuzione di una medesima
parte o unione di più gruppi corali nelle esecuzioni di musiche
polifoniche. Può essere di soli uomini, o sole donne, o soli
fanciulli, o a voci promiscue. È monodico (a una voce) se tutti i
coristi cantano la stessa parte, e polifonico (a più voci) se un
gruppo di coristi canta una parte mentre altri gruppi ne cantano
altre. È detta coro anche una composizione di musica per canto
corale.
Il coro
nella storia.
E’ presumibile che nelle civiltà antiche il coro fosse impiegato
solo per canto monodico; altrettanto si può dire per la varie
forme di canto cristiano liturgico. Alla chiesa e alle
scholae cantorum
sono legate quasi tutte le testimonianze di musica corale a noi
giunte dal Medioevo e in ambito eclesiastico nacqueo i primi
esempi di polifonia e si svilupparono l’ars
antiqua
e l’ars
nova.
Dall’ars
antiqua
a tutto il Rinascimento la storia della musica corale, al centro
di tutta la vita musicale, coincise con quella della polifonia
vocale tanto sacra quanto profana (ma, in quest’ultimo caso,
l’esecuzione era solistica nel senso che una parte corrispondeva
una sola voce). L’avvento della monodia e deinuovi generi connessi
(oratorio, cantata, melodramma) condusse nell’Italia barocca a
una decadenza della musica per coro, particolarmente notevole nel
sec. XVIII; non altrettanto avvenne in Germania, dove il canto
rimase componente essenziale della musica sacra luterana, in J. S.
Bach, negli oratori di G. F. Händel (per altro, scritti in
Inghilterra) e, più tardi, in quelli di F. J. Haydn e in W. A.
Mozart, mentre C. W. Gluck, nella sua forma di melodramma,
restituì al coro una posizione di primo piano.
Il coro in epoca contemporanea.
All’opera è legata la nuova importanza che il coro assunse in
Italia nel sec. XIX, con G. Rossini e soprattutto G. Verdi; esso
trovò tuttavia largo impiego negli altri Paesi europei: con la
Nona Sinfonia
di L. van Beethoven nacque il genere nuovo della sinfonia corale;
gli autori romantici si dedicarono inolter a
Lieder
corali o a veste composizioni per soli, coro e orchestra (H.
Berlioz, R. Schumann, F. LisztF. Mendelssohn, poi A. Bruckner e J.
Brahms). Notevole importanza ha avuto il fiorire di studi sulla
polifonia rinascimentale e il ritorno a essa; il fenomeno si è
esteso al sec. XX, in cui d’altra parte il rinnovamento del
linguaggio musicale ha investito anche il coro (particolarmente
significative le opere di P. Hindemith, I. Stravinskij, A.
Schöemberg e A. Webern). L’esempio degli ultimi due influenzò L.
Dallapiccola e, in forma meno diretta, i maggiori rappresentanti
dell’avanguardia. Un nuovo impulso alla musica per coro venne,
nella seconda netà dell’800, dalla fioritura delle scuole
nazionali e dal loro legarsi al canto popolare, con esiti
particolarmente significativi in M. P. Musorgskij e altri
compositori russi e, nel sec. XX, in L. Janácek, Z. Kodaly, B.
Bartók, S. S. Prokof’ev.
|
Dies
Irae |
è una
delle cinque sequenze sopravvissute nella liturgia romana ed è
cantata tuttora durante la messa di Requiem. Il tema fu usato da
molti compositori romantici per creare degli stati d'animo di
suggestioni macabre o evocazioni della morte |
Dodecafonia |
moderna
tecnica di composizione musicale, ideata nel 1920 da Schönberg;
costituisce un tentativo di liberarsi dalle strutture della musica
tonale (v.), sostituendole con strutture basate sulla totale
indipendenza reciproca dei suoni tra loro, dal punto di vista
armonico |
Eguale |
indica
un'esecuzione destinata a voci della medesima natura (es.
"coro a voci eguali"; solo voci maschili o femminili) |
Fuga |
forma
polifonica in stile contrappuntistico fondata sul principio
dell'imitazione (v.), nella quale un tema principale e uno o più
temi secondari vengono esposti dalle varie voci o strumenti lungo
un logico svolgimento tonale, entro uno schema diviso in più
parti |
Gloria
in Excelsis Deo |
la
seconda parte dell'Ordinarium (v.) della Messa, chiamata anche
Inno Angelico |
Graduale |
canto
originariamente eseguito nella messa solenne della liturgia
cattolica. Presupponeva sempre l'intervento di un solista che lo
cantava tenendosi sul primo gradino (gradus) dell'ambone.
Attualmente col termine si indica un libro che contiene tutti i
canti del Proprium Missae (v.) e dell'Ordinarium Missae per tutto
l'anno ecclesiastico |
Gregoriano,
canto |
è il
canto ufficiale della Chiesa romana, dal nome di S. Gregorio Magno
(papa dal 590 al 604). Per estensione il termine indica tutte le
melodie della Chiesa romana |
Imitazione |
procedimento
fondamentale dello stile contrappuntistico. Consiste nella
riproduzione in una o più parti di un motivo, o parte di esso,
già proposto in precedenza |
Incipit |
si
riferisce all'inizio di un testo. Nel canto liturgico, corrisponde
all'introduzione di parti della messa |
Inno |
nella
Grecia, canto solenne e corale cantato nel tempio in onore della
divinità o degli eroi. Nella liturgia cristiana, indicava un
canto diverso dal salmo. E' un canto in cui ad ogni strofa
corrisponde la stessa melodia, sillabico e d'argomento non biblico |
Intonazione |
Atto ed
effetto di intonare; la perfetta coincidenza fra la nota emessa da
un cantore o da uno strumento musicale con quella segnata sulla
partitura; tono con cui è modulata la voce, carattere che viene
dato alle parole mediante il tono e il tempo con cui vengono
pronunciate; carattere dato ad uno scritto, ad un discorso. Nella
Messa cantata e nell'Ufficio corale, l'inizio di uno dei brani
liturgici recitato o cantato dal solo officiante e proseguito poi
dal coro. Brano di musica per organo, spesso improvvisato, che
prelude al brano che dovrà essere eseguito subito dopo dal coro e
fornisce a questo, con il suo fraseggio, la nota e il tono
iniziale. Molti di siffatti brani furono scritti nel sec. XVI da
maestri veneti. |
Introitus |
è il
primo canto del Proprium Missae (v.). Originariamente un salmo
intero, cantato dal coro mentre il celebrante si recava
all'altare. Ridotto in seguito ad un solo versetto di salmo,
precedeuto dall'antifona e seguito dal Gloria |
Kyrie |
canto
della prima parte dell'Ordinarium Missae (v.) posto subito dopo l'Introitus.
Si compone di tre invocazioni, Kyrie eleison, Christe eleison,
Kyrie eleison (Signore abbi pietà di noi, Cristo abbi pietà di
noi, Signore abbi pietà di noi) ognuna delle quali cantata tre
volte |
Lamento |
Composizione vocale con intonazione
dolorosa che commemora un personaggio illustre. Ne è un esempio il
Lamento di Arianna di Claudio Monteverdi.
|
Legato |
un'esecuzione
nella quale le varie note si susseguono il più possibile, senza
interruzione di suono |
Lied |
una
delle forme principali della musica tedesca. Differisce da altre
forme vocali simili (es. l'aria) per il rilievo che dà al testo
poetico |
Litania |
una
delle forme più antiche di recitazione liturgica della Chiesa
romana. Nel rito cristiano, assume l'aspetto di una lode a Dio, ai
Santi e, più frequentemente, alla Vergine. Al celebrante,
l'assemblea rispondeva un'acclamazione fissa (Kyrie eleison) |
Liturgia |
è
l'insieme delle manifestazioni di un culto, costituita da
orazioni, atti, cerimonie, attraverso i quali si manifesta
l'adorazione a Dio |
Magnificat |
testo
tratto dal vangelo di S. Luca, coposto da dodici versi. Il titolo
è l'inizio della risposta di Maria al saluto di Elisabetta in
casa di Zaccaria (Magnificat anima mea Dominum).
MAGNIFICAT(Magnifica), prima parola della versione latina del
cantico recitato da maria vergine in occasione della sua visita
alla cugina Elisabetta (Luca I, 46-55); consiste in un
ringraziamento a Dio per i benefici resi al popolo d'Israele
("L'anima mia magnifica il Signore" ecc.). [...]
Nell'ambito della storia della musica il Magnificat rivestì
particolare importanza dal sec. XV in poi, essendo stato musicato
da molti tra i maggiori compositori |
Mascherada |
Composizione polifonica senza una
forma propria ma affine alla villanella, alla frottola,
e ad altri generi consideerati leggeri. Il nome origina dal fatto
che i cantanti e i danzatori erano mascherati, e la forma era
riservata normalmente a feste e spettacoli.
|
Melismatico |
In musica stile caratterizzato
dall'uso frequente di melismi, in opposizione allo stile
sillabico.
|
Messa |
è la
maggior composizione liturgica e il rito più solenne della
chiesa. La forma tipica ed ancora attuale di Messa, ispirata a
passi biblici e derivata dalle liturgie orientali, fu raggiunta
nel sec. XI, con la distinzione tra Proprium Missae e Ordinarum
Missae. Il proprium è formato dalle cosiddette parti variabili
(preghiere e rituali legate al giorno in cui l'ufficio viene
celebrato): si compone di Introito, Graduale, Versetto
alleluiatico, Sequenza, Tratto, Offertorio, Comunione. L'ordinarium
rappresenta le parti fisse e comuni a tutte le messe, esclusa
quella per i defunti e quelle della settimana santa. Si compone
di: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Benedictus, Agnus Dei. Su
questo schema principale si articolano i vari generi di messa, a
seconda del loro significato e tipo di destinazione |
Monodia |
canto
ad una sola voce senza accompagnamento, praticato sino al
medioevo. A partire dal sec. XVII definisce una composizione per
sole voci e basso continuo (v.) |
Mottetto |
termine
(etimologicamente derivato dal francese mot, "parola",
donde l'italiano motto) che designa una composizione musicale a
più voci di carattere assai vario nelle successive fasi di
sviluppo. Il mottetto costituisce, insieme con la messa, la più
importante forma di musica sacra del periodo compreso tra i secc.
XIII e XVI, anche se la sua storia, assai più ampia, giunge sino
ai nostri giorni |
Neumatica |
Si dice della notazione composta di
neumi di una melodia nella quale prevalgono gruppi di due o tre
note per sillaba (si dice in contrasto con «sillabica» o «melismatica»).
|
Offertorio |
terzo
canto del Proprium Missae (v.) e ultima parte del salmo affidato
al coro, subito dopo il Credo |
Omofonia |
Procedimento musicale in cui più voci (o più strumenti) intonano
la stessa linea melodica all’unisono o all’ottava.
|
Omoritmia |
La
composizione polifonica è di per sé una costruzione musicale molto
elaborata, nella quale la condotta contrappuntistica determina una
poliritmia fra le linee melodiche in costante movimento. Come
alternativa a tale atteggiamento si osservano, nelle composizioni
cinquecentesche, alcuni episodi omoritmici, nei quali le parti,
pur melodicamente indipendenti, si trovano riunite in un unico
schema ritmico (ritmi paralleli) secondo il procedimento del
punctum contra punctum. Questo tipo di struttura polifonia, in cui
viene meno il principio dell’imitazione, non si limita del resto a
singoli episodi, perché contraddistingue intere composizione del
repertorio profano. |
Oratorio |
forma
musicale che consiste in un poema d'argomento sacro ma non
liturgico, eseguito da voci soliste e da cori con accompagnamento
d'orchestra, senza scene, senza costumi, senza azione teatrale. |
Ordinarium |
Vedi
Messa |
Ostinato |
breve
melodia ripetuta costantemente nel corso di una composizione |
Passione |
composizione
musicale basata sul testo della Passione di Gesù Cristo, tratta
da uno dei quattro vangeli. Nel XII secolo la Passione veniva
cantata rappresentandola, con le parti di Cristo (basso), del
narratore (baritono) e della "turba judaeorum" (tenore),
eseguite da tre preti. Più tardi fu introdotto un coro che
rispondeva ai solisti. Nel XVII sec. finì per includere tutte le
innovazioni del teatro drammatico: orchestra, aria, recitativo..
mentre il testo veniva liberamente parafrasato |
Polifonia |
Presenza
simultanea di due o più parti sviluppate contemporaneamente.
Spesso il termine è usato come sinonimo di contrappunto [...], ma
in senso rigoroso va inteso in un'accezione più vasta,
comprendente qualsiasi simultaneità di suoni diversi, quindi
anche le sovrapposizioni che formano le concatenazioni di accordi
dell'armoni |
Recitativo |
Stile
vocale in cui il testo ha la massima evidenza, mentre la musica è
ridotta a una presenza minima, di puro sostegno armonico |
Refrain |
Ripetizione di un identico periodo musicale nelle
forme che alternano episodi simmetrici. In particolare nella
musica trobadorica (chanson,
ballade, virelai
ecc.), ripetizione di sezioni poetiche sulla stessa melodia.
|
Requiem |
nome
dato alla messa da morto. Il nome proviene dal suo introito (v.),
che inizia con l'invocazione: requiem aeternam dona eis Domine |
Ritornello |
In una
composizione musicale, parte ripetuta una o più volte, secondo il
contesto in cui si trova. Per essempio, nelle forme strofiche, il
ritornello, quando compare è un episodio fisso ripetuto alla fine
di ciascuna strofa; nell’opera, nell’oratio e nelle cantate dei
secc. XVII-XVIII può essere un brano affidato al coro, in
alternativa con il canto solistico; nel rondeau è l’elemento
caratterizzante, essendo propria di questa forma una ricorrente
ripetizione dello stesso periodo. Ritornello è anche il simbolo
grafico (2 linee verticali perpendicolari al rigo) che stabilisce,
sul pentagramma, l’inizio e la fine dei brani ripetuti.
|
Salmo |
composizione
poetico-musicale, introdotta nella liturgia ebraica da re David,
che improvvisava canti sacri accompagnandosi con una specie di
arpa. Salmo significa appunto "canto accompagnato da
strumento a corda". I testi dei Salmi attrassero da subito
l'attenzione dei compositori, e sono tra i più usati nella storia
della musica |
Schola Cantorum |
Gruppo di cantori ai quali è
affidata l’esecuzione dei canti destinati ad accompagnare le
azioni sacre nella chiesa cattolica. La sua funzione è di
sostenere il canto dei fedeli, di alternarsi a essi o di eseguire
qualche parte più difficile. Per questo il suo posto è normalmente
tra l’altare e l’assemblea, come nelle antiche chiese romane, per
meglio esercitare la sua funzione di mediazione e di sostegno
musicale e spirituale.. In alcune epoche di decadenza liturgica,
invece, il canto divenne appannaggio della sola schola cantorum.
Allora incominciò anche la costruzione di tribune apposite,
solitamente in fondo alla chiesa, separate dall’assemblea da un
recinto rettangolare, a plutei o transenne. La prima schola
cantorum della quale si ha notizia risale alla metà del sec. IV e
fu a Roma.
|
Sillabico |
Canto in cui la melodia fa
corrispondere una sillaba di testo ad una sola nota; si
contrappone a quello melismatico.
|
Soprano |
il
registro più alto della voce femminile, si estende di solito dal
do(3) al do(5) |
Tactus |
Nella
musica rinascimentale, l’unità di misura del tempo e la relativa
figura di nota (generalmente corrispondente al battito medio del
polso umano) costituente il punto di riferimento per determinare
il valore assoluto di durata di tutte le figure musicali della
notazione. Con lo stesso termine si indicava il gesto del
direttore corrispondente a un’unità di tempo. |
Tempo |
Valore assoluto di durata che nel corso di
un’esecuzione musicale si dà alle varie unità di valore, cioè, in
altri termini, la velocità con cui una certa composizione viene
eseguita. Sino alla prima metà del sec. XVII veniva riconosciuto
alle singole figure di nota (breve, semibreve ecc.) un valore
assoluto di durata, determinato dal
tactus (v).
Successivamente la notazione espresse esclusivamente valori di
durata relativi e pertanto si rese necessaria l’apposizione,
all’inizio di ciascun brano musicale, di indicazioni di tempo o
andamenti
(allegro, andante, adagio ecc.) miranti a stabilire, sia pure con
approssimazione, la velocità di movimento. Solo con l’invenzione
del metronomo da parte di J. N. Mälzel nel 1816 si rese possibile
l’esatta determinazione del tempo di esecuzione di una
composizione. Il problema, in ogni caso, permane complesso perché
al di là dell’indicazione metronomica ogni opera possiede un
proprio tempo, risultante dalle sue più profonde caratteristiche
strutturali ed espressive.
|
Tenore |
il
registro più acuto delle voci maschili, generalmente si estende
dal do(2) al do(4) |
Tonale
o tonarium |
nel
medioevo, volume nel quale venivano raccolte le melodie del canto
ecclesiastico |
Villanella |
La villanella o villanesca è una
forma vocale originata a Napoli nel XVI secolo, basato su un tipo
di canzone spagnola a tre o quattro voci. Si sviluppa come forma
popolare contrapposta al madrigale, ma la sua diffusione
nel Nord Italia è legata ad un raffinamento nello stile e nel
contenuto letterario.
|
Voce |
Suono emesso dall'uomo per
comunicare o cantare. Dal punto di vista musicale la voce
interessa in quanto è mezzo per cantare. L'educazione della voce
al canto è arte antichissima; senza risalire più indietro, si
ricordino le "scholae cantorum", fiorite dal tempo del papa
Gregorio Magno (VI secolo), dove i fanciulli venivano addestrati
nell'esecuzione dei canti liturgici. L'arte del canto ricevette un
notevole impulso col prevalere del canto monodico su quello
polifonico nel '600, quando il melodramma richiese sempre più
numerose le voci belle, potenti, espressive e capaci d'ogni
virtuosismo. Una chiara idea di quanto già fosse evoluta la
tecnica vocale all'inizio di quel secolo la dà, ad esempio, la
prefazione di Giulio Caccini alla sua raccolta di musiche vocali
monodiche intitolata "Le Nuove Musiche" (1601). Da allora si
ebbero celebri scuole di canto, che rispecchiarono i mutamenti del
gusto nel campo della musica vocale. L'arte del canto, oltre alle
indispensabili doti naturali, richiede uno studio continuo e
severo e una solida preparazione musicale e culturale, a qualsiasi
meta artistica essa venga indirizzata. Le voci si dividono in
femminili (soprano, mezzo-soprano, contralto) e maschili (tenore,
baritono, basso). Si distinguono inoltre secondo le loro
particolari qualità che le rendono adatte a un certo repertorio
piuttosto che a un altro; così il soprano, ad esempio, può essere
leggero, lirico o drammatico, ecc. Le voci bianche sono quelle dei
fanciulli. Per l'organo della voce.
|
|