CORO

Unione di più voci emesse contemporaneamente. E' pratica esecutiva comune a tutte le civiltà, dai tempi più remoti, sì che la sua storia e le sue forme coincidono in gran parte con quelle della musica stessa in generale. Il coro si dice monodico quando tutte le voci intonano la stessa melodia all'unisono o in ottava; in tal senso può essere anche detto omofonico, benché questo termine sia più spesso usato impropriamente per indicare un coro omoritmico, in cui le voci procedono parallelamente con eguale scansione di valori e di durata, a prescindere dalle singole melodie, che possono essere diverse. Si dice polifonico il coro le cui voci intonano melodie differenti, per lo più con ritmi anche diversi. Eterofonico è il coro praticato specialmente nella musica popolare, in quella dei popoli cosiddetti primitivi e in quella delle civiltà non europee: in esso le voci eseguono contemporaneamente la medesima melodia, con varianti melodiche e scarti di intonazione l'una rispetto all'altra. Coro parlato è quello in cui tutte le voci parlano o emettono meri fonemi. Un particolare effetto corale si ottiene intonando una melodia senza le parole, o a bocca chiusa (celebre esempio è il coro a bocca chiusa della Madama Butterfly di Puccini).

Il coro si dice a voci pari quando comprende esclusivamente voci maschili o femminili o di bambini, e viene rispettivamente distinto in coro maschile o virile, femminile, di voci bianche. Esso si dice invece a voci dispari o misto quando è formato da voci maschili e femminili o da voci maschili e di fanciulli e così via. Ai registri femminili e alle voci bianche appartennero in passato anche cantanti maschi, i cosiddetti contraltisti che cantavano in falsetto, e gli evirati o castrati, a loro volta distinti in sopranisti e contraltisti a seconda della estensione della loro voce. Le voci più acute sono quelle femminili, che si distinguono nei tre registri di soprano, mezzosoprano e contralto. Meno estese, ma acute come le femminili, sono le voci bianche, divise nei due registri di soprano e contralto. Infine le voci maschili si distinguono nei tre registri di tenore, baritono e basso. Tipiche della formazione corale sono però le voci di soprano, contralto, tenore e basso, mentre minor impiego trovano quelle di mezzosoprano e baritono. Un coro è detto a 1, 2, 3, 4, 5 voci ecc. non già in relazione al numero dei componenti, ma con riferimento al numero delle linee o parti di cui consta la composizione affidata alla esecuzione del complesso corale (ad esempio mottetto a 5 voci). Fin dai tempi antichi, la pratica corale si esercita nella forma innodica, come esecuzione collettiva unitaria, nella forma responsoriale, nella quale una parte collettiva si alterna, come risposta, a una parte solistica, e nella forma antifonale, dove l'insieme corale si divide in sezioni (per lo più due, dette semicori) che eseguono alternativamente. Dalla pratica antifonale venne alla tradizione occidentale la tecnica chiamata del doppio coro culminante nello stile policorale del coro battente o spezzato, caratterizzato dall'impiego di più cori dialoganti, generalmente con strumenti: questa forma è tipica delle composizioni sacre e profane del XVI secolo, soprattutto della musica veneziana (Willaert, Gabrieli) e dell'Italia settentrionale in genere. Dal Rinascimento è invalso inoltre l'uso di chiamare a cappella il coro di sole voci non accompagnate da strumenti e concertante il coro che si unisce ad un'esecuzione strumentale.

Il coro può rispondere ad una funzione sociale, specie nella musica popolare, come pratica integrante i vari atti e momenti di carattere religioso, civile, militare, ecc. della vita di una comunità, o come modo di intrattenimento collettivo e di partecipazione della collettività a fatti di importanza decisiva nell'esistenza di un individuo. Esso è generalmente espressione di sentimenti collettivi, ma può anche esprimere sentimenti individuali, come nel madrigale, o valere da commento epico o morale a un'azione, come avvenne nel coro della tragedia greca e, spesso, nell'oratorio. In quest'ultimo, in particolare, il coro può talvolta rappresentare la divinità stessa, ma più spesso dà voce ad una moltitudine ora intesa in senso universale o generico ora determinata in ordine all'azione configurata dal testo letterario. Nel melodramma, il coro rappresenta di solito determinate comunità o categorie di persone; altrove può anche rappresentare personaggi singoli, come in certi madrigali drammatici di Vecchi e Banchieri. In altre forme musicali, come le messe da concerto, il coro non svolge un ruolo scenico, ma viene utilizzato per i suoi puri valori musicali e costruttivi.

Con coro si intende anche un qualsiasi brano musicale per più voci, con o senza accompagnamento di strumenti. Esso può essere autonomo o far parte di una composizione più ampia, conservare un'articolazione fissa, come il coro della tragedia greca, osservare un certo schema formale, come quello della fuga in tante composizione sacre oratoriali, oppure essere di libera struttura.

Coro è definito pure il complesso vocale esecutore di musica corale. Il più comune è quello che si forma spontaneamente in ogni collettività quando essa eleva liberamente ma concordemente la propria voce scandendo parole o intonando canti in segno di giubilo o di dolore, o di volontà comune. Molte civiltà conoscono anche gruppi di esecutori specializzati, istruiti per volere dell'autorità religiosa, civile e militare e destinati a svolgere funzioni corrispondenti. Tali complessi hanno organizzazioni particolari e sono sottoposti di solito ad un capo. Così il coro greco era guidato da un corifeo, quello delle cappelle e delle chiese cristiane, istruito in un'apposita scuola detta Schola Cantorum, da cui deriva il suo stesso nome, era diretto da un primicerius; analogamente, il coro delle cappelle musicali delle chiese protestanti era guidato da un cantor. Il direttore di coro si disse in seguito, più comunemente, maestro di cappella se guidava il coro di una chiesa e maestro del coro se il complesso apparteneva invece ad un teatro o a un'istituzione concertistica. Fra il XII e il XIII secolo cominciarono a sorgere i primi tipi di libere associazioni corali, di cui offrono un esempio le confraternite laiche dei laudesi, che cantavano cori alla Vergine dopo le funzioni religiose: tali associazioni conobbero grande sviluppo, in tempi moderni, con il fiorire di società corali, per lo più alimentate da dilettanti, in tutti i paesi di cultura europea specie tedeschi e anglosassoni.